Le sirene (dal latino tardo sirena – pl.: sirenae; derivato dal greco Σειρήν seirēn – pl.: Σειρῆνες seirēnes) sono delle figure mitologico-religiose greco-romane.
L’origine letteraria della figura delle sirene è nell’Odissea di Omero dove vengono presentate come cantatrici marine abitanti un’isola presso Scilla e Cariddi, le quali incantavano, facendo poi morire, i marinai che incautamente vi sbarcavano. La loro isola mortifera era disseminata di cadaveri in putrefazione. Ma Odisseo, consigliato da Circe, la supererà indenne.
(GR) |
ἀνθρώπους θέλγουσιν, ὅτίς σφεας εἰσαφίκηται.
ὅς τις ἀϊδρείῃ πελάσῃ καὶ φθόγγον ἀκούσῃ
Σειρήνων, τῷ δ’ οὔ τι γυνὴ καὶ νήπια τέκνα
οἴκαδε νοστήσαντι παρίσταται οὐδὲ γάνυνται,
ἀλλά τε Σειρῆνες λιγυρῇ θέλγουσιν ἀοιδῇ,
ἥμεναι ἐν λειμῶνι· πολὺς δ’ ἀμφ’ ὀστεόφιν θὶςἀνδρῶν πυθομένων, περὶ δὲ ῥινοὶ μινύθουσιν »
(IT)
gli uomini incantano, chi arriva da loro.
A colui che ignaro s’accosta e ascolta la voce
delle Sirene, mai più la moglie e i figli bambini
gli sono vicini, felici che a casa è tornato,
ma le Sirene lo incantano con limpido canto,
adagiate sul prato: intorno è un mucchio di ossadi uomini putridi, con la pelle che raggrinza »
(Omero. Odissea XII, 39-46. Traduzione di Giuseppe Aurelio Privitera, Milano, Mondadori, 2007,
Un’altra tradizione, riportata da Pseudo-Apollodoro, le vuole figlie di Acheloo e di Melpomene, una delle Muse:
« Le sirene erano figlie di Acheloo e di una delle Muse, Melpomene; si chiamavano Pisinoe, Aglaope e Telsiepia. Una di esse suonava la cetra, la seconda cantava, la terza suonava l’aulo: con questa musica persuadevano i navigatori a fermarsi. Dalle cosce in giù esse avevano la forma di uccelli. […] Una profezia diceva che le sirene sarebbero morte se una nave riusciva a passare: ed esse, infatti, morirono » | |
(Pseudo-Apollodoro. Epitome VII, 19-20. Traduzione di Maria Grazia Ciani in I miti greci Milano, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, 200 |
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L’origine del termine “sirena” è dubbio. Tra le molte ipotesi Alessandra Tarabochia Canavero[14], collegandosi alle osservazioni di Kurt Latte [15] secondo le quali cessando il vento all’approssimarsi della loro ierofania, e quindi con l’approssimarsi dell’ora meridiana, sostiene che esse potrebbero indicare dei dèmoni del calore meridiano (daemones meridiani) indicazione che potrebbe suggerire un collegamento con l’aggettivo séirios (incandescente, splendente) da cui Sirio, a sua volta collegato al sanscrito Sūrya (il deva del Sole). Altra ipotesi lega tale termine al verbo syrízo (“fischiare”, “sibilare”) quindi dèmoni della tempesta, collegati ai vedici Marut. Oppure da seirà (corda, fune, da cui anche éiro, “legare”), riprendendo il fatto che le sirene “legano” a sé i naviganti, li irretiscono[16]. O più semplicemente da un semitico sir (“cantare”).
Le sirene in Omero sono due, infatti il poeta greco utilizza il duale Seirḗnoiïn, ma senza nominarle. Alcuni tardi commentatori ne suggeriscono i nomi in Aglaophḗmē e Thelxiépeia[17], nomi che ne indicano la “voce” (phoné/*óps) come “splendida” (agláe) e “incantatrice” (thélgo).
Tradizioni successive di matrice “pseudo-esiodea” portano il numero delle sirene da due a tre indicando la terza con il nome di Peisinóē (da peítho, “persuadere” e noús “mente”).